Slideshow 侍- SakurAlberico - 侍 : marzo 2012

venerdì 30 marzo 2012

The sound of sunshine - Michael Franti e Jovanotti

Laura Pausini - Non ho mai smesso (videoclip)



Mi ritrovo qui su questo palcoscenico, di nuovo io 
Mi ritrovi qui perchè il tuo appuntamento adesso è uguale al mio 

Hai visto il giorno della mia partenza 
Nel mio ritorno c'è la tua poesia 
Stare lontani è stata una esperienza, comunque sia 

Non ho mai smesso di amare te 
Non ho mai tolto un pensiero a te 
Non ho mai smesso 

Ho cercato la bellezza e l'ho trovata in fondo alla semplicità 
Ho cercato il mio passato perchè mi hanno detto che così si fa 

Cerchiamo tutti la strada del bene 
E la troviamo nelle vite altrui 
E questa notte adesso ci appartiene 

Non ho mai smesso di amare te 
Non darei qualcosa che non c'è 
E a modo mio (a modo mio) 
So bene quanta fantasia ci vuole per partire 
Si ritorna solo andando via 

Di nuovo io (di nuovo io) 
Di nuovo tu (di nuovo tu) 
C'è chi si aspetta ad occhi aperti e non si perde più 
Non perde più 

Non ho mai smesso di amare te 
Non ho mai tolto un pensiero a te 
Non ho mai smesso 

Io sono così 
Mi hai chiesto "torna", mentre erò già qui 

giovedì 22 marzo 2012



Anyone Else But You


You're a part time lover and a full time friend
The monkey on you're back is the latest trend
I don't see what anyone can see, in anyone else
But you


Here is the church and here is the steeple
We sure are cute for two ugly people
I don't see what anyone can see, in anyone else
But you


We both have shiny happy fits of rage
I want more fans, you want more stage
I don't see what anyone can see, in anyone else
But you


You are always trying to keep it real
I'm in love with how you feel
I don't see what anyone can see, in anyone else
But you


I kiss you on the brain in the shadow of a train
I kiss you all starry eyed, my body's swinging from side to side
I don't see what anyone can see, in anyone else
But you


The pebbles forgive me, the trees forgive me
So why can't, you forgive me?
I don't see what anyone can see, in anyone else
But you


Du du du du du du dudu
Du du du du du du dudu
I don't see what anyone can see, in anyone else
But you



Nessuno tranne te





Sei un amante part-time ed un amico a tempo pieno
La scimmia sulla tua schiena è l'ultima moda
Non vedo quello che chiunque può vedere, in nessun'altro
tranne che in te

Ecco la chiesa ed ecco il campanile
Certo, siamo carini per essere due persone brutte
Non vedo quello che chiunque può vedere, in nessun'altro
tranne che in te

Entrambi abbiamo degli allegri attacchi d’ira
Io voglio più ammiratori, tu vuoi più spettacolo
Non vedo quello che chiunque può vedere, in nessun'altro
tranne che in te

Cerchi sempre di essere realista
Amo il tuo modo di essere
Non vedo quello che chiunque può vedere, in nessun'altro
tranne che in te

Ti bacio il cervello all'ombra di un treno
Ti bacio con gli occhi che brillano, il mio corpo oscilla di qua e di là
Non vedo quello che chiunque può vedere, in nessun'altro
tranne che in te

I sassolini mi perdonano, gli alberi mi perdonano
Ma allora perchè tu non puoi perdonarmi?
Non vedo quello chiunque può vedere, in nessun'altro
tranne te

Du du du du du du dudu
Du du du du du du dudu
Non vedo quello che chiunque può vedere, in nessun'altro
tranne che in te

lunedì 19 marzo 2012

The Last Samurai Soundtrack: A Hard Teacher HD

fiorella mannoia - Io non ho paura -




Testo della canzone Io Non Ho Paura di Fiorella Mannoia

ALBUM: Sud (2012)
 Fiorella Mannoia
Ci penso da lontano da un altro mare un'altra casa che non sai
La chiamano speranza ma a volte è un modo per dire illusione
Ci penso da lontano e ogni volta è come avvicinarti un po'
Per chi ha l' anima tagliata l'amore è sangue, futuro e coraggio
A volte sogni di navigare su campi di grano
E nei ritorni quella bellezza resta in una mano
E adesso che non rispondi fa più rumore nel silenzio il tuo pensiero
E tu da li mi sentirai se grido
Io non ho paura
Il tempo non ti aspetta
Ferisce questa terra dolce e diffidente
Ed ho imparato a comprendere l'indifferenza che ti cammina accanto Ma le ho riconosciute in tanti occhi le mie stesse paure
Ed aspettare è quel segreto che vorrei insegnarti
Matura il frutto e il tuo dolore non farà più male e adesso alza lo sguardo
Difendi con l'amore il tuo passato
Ed io da qui ti sentirò vicino
Io non ho paura
E poi lasciarti da lontano rinunciare anche ad amare come se l'amore fosse clandestino
Fermare gli occhi un istante e poi sparare in mezzo al cielo il tuo destino
Per ogni sogno calpestato ogni volta che hai creduto in quel sudore che ora bagna la tua schiena
Abbraccia questo vento e sentirai che il mio respiro è più sereno
Io non ho paura
Di quello che non so capire
Io non ho paura
Di quello che non puoi vedere
Io non ho paura
Di quello che non so spiegare
Di quello che ci cambierà 

domenica 18 marzo 2012

La bellezza


Bellezza non sono i capelli lunghi, le gambe magre, la pelle abbronzata e i denti perfetti. Fidatevi di me.
Bellezza è il viso di chi ha pianto e ora sorride, bellezza è la cicatrice sul ginocchio fin da quando sei caduta da bambina, bellezza sono le occhiaie quando l’amore non ti fa dormire, bellezza è l’espressione sulla faccia quando suona la sveglia la mattina, è il trucco colato quando esci dalla doccia, è la risata quando fai una battuta che capisci solo tu, bellezza è incrociare il suo sguardo e smettere di capire, bellezza è il tuo sguardo quando vedi lui, è quando piangi per le tue paranoie, bellezza sono le rughe segnate dal tempo.
Bellezza è tutto quello che proviamo dentro e si manifesta al di fuori.
Bellezza sono i segni che la vita ci lascia addosso, i pugni e le carezze che i ricordi ci lasciano.
Bellezza è lasciarsi vivere.

sabato 17 marzo 2012

Vi Presento Joe Black - dimentica il cervello e ascolta il cuore.



Bill: Tu ami Drew?
Susan: Vuoi dire come tu amavi la mamma?
Bill: Dimentica me e la mamma. Intendi sposarlo?
Susan: È probabile.
Bill: Ascolta, vado pazzo per quel ragazzo, è intelligente, intraprendente potrebbe portare la Parrish Comunications nel ventunesimo secolo e me con lei.
Susan: Allora cos'è che non va?
Bill: Vale per me, io sto parlando di te. Non è quello che dici di Drew è quello che non dici.
Susan: Forse non ascolti.
Bill: Oh si invece.. Non un'ombra di trasalimento, non un bisbiglio di eccitazione. Questo rapporto ha la stessa passione di una coppia di nibbi reali. Voglio che qualcuno ti travolga, voglio che tu leviti, voglio che tu .... canti con rapimento e danzi come un derviscio.
Susan: Ah, tutto qua?
Bill: Sì. Abbi una felicità delirante o almeno non respingerla.
Susan: Va bene. "Abbi una felicità delirante"... vedrò di fare il possibile.
Bill: Ahahah... Lo so che ti suona smielato, ma l'amore è passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi. Io ti dico buttati a capofitto trova qualcuno da amare alla follia e che ti ami alla stessa maniera. Come trovarlo? Beh, dimentica il cervello e ascolta il cuore. Io non sento il tuo cuore. Perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente... beh, equivale a non vivere. Ma devi tentare perché se non hai tentato, non mai hai vissuto.
Susan: Bravo!
Bill: Ah sei una dura!
Susan: Scusami.. D'accordo dimmelo di nuovo ma stavolta la versione breve.
Bill: Non respingere... chi lo sa: esiste il colpo di fulmine? Sì.
Susan: Sì.

venerdì 16 marzo 2012

che cosa vuol dire dire la Verità-bohnhoffer

Dal momento in cui impariamo a parlare, ci sì insegna che le nostre parole devono essere veritiere. Che cosa vuoi dire? Che cosa significa: "dire la verità"? Che cosa ci viene ri¬chiesto? Evidentemente i genitori sono i primi che, con l'esigere la veridicità, regolano il nostro rapporto con loro; quindi in un primo tempo tale esigenza, nel senso inteso dai genitori, si ri¬ferisce e si limita alla ristretta cerchia della famiglia. Bisogna osservare inoltre che il rapporto che si esprime in questa esi¬genza non è senz'altro reversibile. La veracità del bambino ver¬so i genitori è essenzialmente diversa da quella dei genitori verso dì lui. Mentre la vita del piccolo bambino è interamen¬te aperta dinanzi ai genitori, e la sua parola deve svelare tutto ciò che è nascosto e segreto, non è pensabile il caso inverso. Riguardo alla veracità, l'esigenza dei genitori verso il bambino è diversa da quella del bambino verso di loro. Se ne deduce subito che "dire la verità" ha un significato diverso secondo le rispettive posizioni. Bisogna tener conto dei rapporti che esistono in ogni singolo caso. Bisogna domandarsi se e in che modo un uomo ha diritto di esigere da un altro un discorso veritiero. Come il linguaggio usato tra genitori e figli è per natura diverso da quello tra marito e moglie, tra due amici, tra maestro e scolaro, tra autorità e suddito o tra ne¬mici, cosi pure la verità contenuta in quelle parole è di volta in volta diversa. Si obietterà subito che siamo debitori di un parlare veritie¬ro a Dio e non a questo o quell'individuo, ed è vero, sempre che non si trascuri il fatto che Dio non è un principio universa¬le ma è il Dio vivente che mi fa vivere una vera vita e vuole che io lo serva in essa. Chi dice Dio non può semplicemente cancellare il mondo reale in cui vive; altrimenti non parlerebbe" dinanzi al Dio che in Gesù Cristo è entrato in questo mondo, bensì dinanzi a un qualche idolo metafisico. La questione è appunto questa: come posso io mettere in pratica nella mia vi¬ta concreta, con tutti i suoi diversi rapporti, quel parlare veri¬tiero di cui sono debitore a Dio. La veracità delle nostre parole, che ci è richiesta da Dio, deve assumere una forma con-creta nel mondo. Il nostro parlare dev’essere veritiero non in linea di principio, ma in pratica. Una veracità astratta non è veritiera dinanzi a Dio. "Dire la verità" non è dunque soltanto una questione di at¬teggiamento personale, ma anche di esatta valutazione e di se¬ria riflessione sulla situazione reale. Quanto più varie sono le condizioni di vita di un uomo, tanto maggiore sarà per lui la responsabilità e la difficoltà di "dire la verità". Il bambino che ha un solo rapporto nella vita, quello con i genitori, non ha ancora nulla da considerare e da valutare. Ma la successiva cerchia di persone in cui la vita lo pone, la scuola, gli crea le prime difficoltà. È dunque estremamente importante dal punto di vista pedagogico che i genitori facciano comprendere al bambino (non è il caso di specificare qui in che modo) la dif¬ferenza che c'è tra queste diverse cerchie e quindi tra le sue responsabilità. Bisogna dunque imparare a dire la verità. Queste parole suoneranno scandalose per chi pensa che sia sufficiente un at¬teggiamento morale irreprensibile e che il resto è cosa da nulla. In pratica però l'etica non si può disgiungere dalla realtà, perciò una sempre migliore conoscenza della realtà è parte integrante dell'azione etica. Ma nel caso in esame l'azione consiste in pa¬role. Bisogna esprimere in parole il reale. In ciò consiste appunto il parlare veritiero. Ma allora si pone il problema inelu¬dibile del "come" parlare. Sì tratta di trovare caso per caso la "parola giusta"; è questione di uno sforzo lungo, serio e sem¬pre crescente basato sull'esperienza e sulla conoscenza della realtà. Per dire come una cosa è realmente, ossia per parlare in modo veritiero, bisogna che gli sguardi e i pensieri indaghino in che modo la realtà è in Dio, per mezzo di Dio e per Dio. Limitare il problema del parlare veridico a singole situa¬zioni di conflitto sarebbe un atteggiamento superficiale. Ogni parola che pronuncio dev'essere vera; a parte la veridicità del suo contenuto, il rapporto che essa esprime tra me e l'altra persona è vero o falso. Posso adulare, vantarmi, essere ipocrita, senza dire una vera bugia, eppure la mia parola è falsa perché io distruggo e dissolvo la realtà del rapporto tra marito e mo¬glie, superiore e subordinato, ecc. La parola singola fa sempre parte di una realtà globale che vuole esprimersi attraverso la parola. Secondo la persona con cui converso o da cui sono in¬terrogato o della quale parlo, bisogna che il mio discorso sia sempre diverso per essere veritiero. La parola veridica non è .una grandezza costante in sé: è vivente come la vita stessa. [Quando essa si distacca dalla vita e dal rapporto concreto con 'il prossimo, quando qualcuno "dice la verità" senza tener conto della persona a cui parla, c'è l'apparenza ma non la sostanza della verità. Colui che pretende di "dire la verità" dappertutto, in ogni momento e a chiunque, è un cinico che esibisce soltanto un morto simulacro della verità. Circondandosi dell'aureola di fa¬natico della verità che non può aver riguardi per le debo¬lezze umane, costui distrugge la verità vivente tra gli uomini. Egli offende il pudore, profana il mistero, viola la fiducia, tra¬disce la comunità in cui vive, e sorride con arroganza sulle ro¬vine che ha causato e sulla debolezza umana che "non sopporta la verità". Egli dice che la verità è distruttiva ed esige delle vittime, e si sente come un dio al di sopra delle deboli crea¬ture, ma non sa di essere al servizio di Satana. Esiste una verità satanica. La sua natura consiste essenzial¬mente nel negare tutto ciò che è reale, assumendo le apparenze della verità. Vive di odio contro la realtà, contro il mondo che Dio ha creato e amato. Si da l'apparenza di eseguire un giudi¬zio di Dio sulla realtà caduta nel peccato. Ma la verità di Dio giudica il creato per amore, invece la verità di Satana lo fa per invidia e per odio. La verità di Dio si è incarnata nel mondo e vive nella realtà, mentre la verità di Satana è la morte di tut¬to il reale. Il concetto di verità vivente è pericoloso e fa nascere il so¬spetto che sì possa adattare la verità alle diverse situazioni: in questo modo il concetto di verità si dissolve, mentre verità e menzogna si avvicinano fino a confondersi. Ciò che stiamo dicendo sulla necessità dì conoscere la realtà sì potrebbe anche fraintendere nel senso, che la quantità di verità che sono pronto a dire all'altro debba dipendere da un mio calcolo o da un mio atteggiamento pedagogico nei suoi confronti. È importante tener conto di questo pericolo. Ma la possibilità di superarlo sta unicamente nel discernere diversi contenuti e li¬miti che la realtà stessa prescrive al mio dire affinché esso sia veritiero. Non è lecito però prendere a pretesto i pericoli in¬siti nel concetto di verità vivente per sostituirlo con il con¬cetto formale e cinico della verità. Dobbiamo cercare di spiegare chiaramente quanto abbiamo detto. Ogni parola vive e ha la sua origine in un determinato ambiente. La parola detta in famiglia è diversa da quella detta in ufficio o in pubblico. La parola che nasce nel calore. di un rapporto personale si raggela nella fredda atmosfera delle cose pubbliche. La parola di comando, che è al suo posto nei pub¬blici servizi, nella famiglia distruggerebbe i vincoli della fidu¬cia. Ogni linguaggio deve avere un luogo che gli è proprio e non uscirne. Per mezzo dei giornali e della radio il linguaggio pubblico è enormemente aumentato e ha prodotto come conse¬guenza una certa incapacità di distinguere i diversi linguaggi, cosicché, per esempio, è stata quasi distrutta la caratteristica specifica del discorso personale. Alla parola autentica si sosti¬tuisce la chiacchiera. Le parole non hanno più peso. Si parla troppo. Quando i confini tra i vari linguaggi si cancellano e le parole non hanno più una loro radice, un loro ambiente, il lin¬guaggio perde veracità e nasce quasi necessariamente la men¬zogna. Quando i diversi ordinamenti della vita non si rispet¬tano più mutuamente, le parole diventano bugiarde. Per esem¬pio: un maestro chiede a un bambino dinanzi a tutta la classe se è vero che suo padre torni spesso a casa ubriaco. È vero, ma il bambino nega. La domanda del maestro ha creato una situa¬zione che il bambino non è ancora in grado dì padroneggiare. Egli percepisce soltanto che si sta producendo un'ingiustificata interferenza nell'ordinamento della famiglia che egli deve di¬fendere. Ciò che accade in famiglia non riguarda affatto Ì com¬pagni di scuola. La famiglia ha il suo segreto e lo deve difen¬dere. Il maestro ha disprezzato la realtà della famiglia. Nella sua risposta il bambino avrebbe dovuto trovare il modo di ri¬spettare tanto l'ordinamento della famiglia quanto quello della scuola. Ma non è ancora in grado dì farlo: gli mancano la ne¬cessaria esperienza, la conoscenza e la capacità di esprimersi propriamente. Nel rispondere negativamente alla domanda del maestro dice effettivamente il falso, ma in pari tempo esprime una verità, cioè che la famiglia è un'istituzione sui generis nella quale il maestro non ha diritto di immischiarsi. Si può dire che la risposta del bambino è una bugia, ma è una bugia che contiene più verità, ossia che è più conforme alla verità, che non una risposta in cui egli avesse ammesso davanti a tutta la classe la debolezza paterna. In base alle conoscenze che aveva, il bambino ha agito bene; la colpa della bugia ricade esclusiva¬mente sul maestro. Se al posto del bambino ci fosse stato un uomo d'esperienza, avrebbe potuto rettificare l'errore dell'in¬terrogante evitando al tempo stesso la falsità formale della ri¬sposta e trovando così la "parola adatta" alla situazione. Le menzogne dei bambini e delle persone senza esperienza deriva¬no spesso dal fatto che essi vengono posti in situazioni che non sono in grado di padroneggiare. C'è dunque da chiedersi se il concetto di menzogna, che è e che va inteso come qualche cosa di rigorosamente condannabile, possa essere ragionevolmente esteso e ampliato fino a identificarlo con il concetto dell'affer¬mazione formalmente contraria alla verità. Abbiamo visto or ora quanto sia difficile dire che cos'è propriamente una men¬zogna. La definizione corrente, secondo cui è menzogna la contrad¬dizione consapevole tra pensiero e parola, è assolutamente in¬sufficiente. Su quella base si dovrebbe condannare il più inno¬cuo "pesce d'aprile". Il concetto di "bugia scherzosa", derivato dalla morale cattolica, toglie alla menzogna il suo carattere spe-cifico dì cosa grave e malvagia (e toglie d'altra parte allo scher¬zo il suo carattere di gioco innocente e libero), ed è perciò un concetto poco felice. Lo scherzo non ha nulla a che vedere con la bugia, e non è lecito ridurli a un denominatore comune. Se si dicesse che la menzogna è l'atto dell'indurre scientemente in errore un'altra persona a suo danno, si includerebbe nella de¬finizione anche l'inganno del nemico cui si ricorre necessaria¬mente in guerra e in altre situazioni analoghe. (Kant ha detto di essere troppo orgoglioso per dire mai una bugia, ma ha involontariamente spinto questo principio a conclusioni assurde : affermando che si sentirebbe obbligato a dare informazioni ve¬ritiere anche a un criminale che venisse a cercare qualcuno ri-fugiatosi presso dì lui.) Se si chiama bugiardo chi inganna il nemico in guerra, la bugia viene ad avere una consacrazione e una giustificazione sociale assolutamente in contrasto con ciò che essa è. Se ne deduce in primo luogo che la menzogna non sì può definire formalmente come contraddizioone tra pensiero e parola. Tale contraddizione non è neppure un elemento neces¬sario della menzogna. Da questo punto di vista esiste un modo di parlare corretto e incontrovertibile, che tuttavia è bugiardo; per esempio quando un notorio mentitore dice per una volta "la verità" per fuorviare chi l'ascolta, oppure quando sotto la apparente correttezza si nasconde consapevolmente un equivo¬co, o quando la verità decisiva viene volontariamente celata. Anche il deliberato silenzio può essere una menzogna, ma non necessariamente. Da queste considerazioni risulta evidente che l’essenza della menzogna è molto più profonda che la contraddizione tra pen¬siero e parola. Si potrebbe dire che dipende dall'uomo che pro¬nuncia una parola se essa sia veritiera o falsa. Ma anche que¬sto è insufficiente; la menzogna infatti è qualche cosa di ogget-tivo e dev'essere definito come tabe. Gesù chiama Satana "pa¬dre della menzogna" (Gv 8, 44). La menzogna è prima di tutto la negazione di Dio, come si è manifestato al mondo. "Chi è bugiardo se non colui che nega che Gesù è il Cristo?" (1 Gv 2, 22). Menzogna è il contraddire la parola dì Dio, che egli ha detto in Cristo e sulla quale riposa il creato. Men¬zogna è dunque la negazione, il annegamento, la consapevole e volontaria distruzione della realtà quale e stata creata da Dio e sussiste in lui, nella misura in cui lo si può fare con le pa¬role o con il silenzio. Le nostre parole sono destinate a espri¬mere, in unione con la parola di Dio, la realtà come essa è in Dio, e il nostro silenzio dev'essere segno del limite che la real¬tà, così come essa è in Dio, pone alla parola. Nei nostri tentativi di esprimere la realtà, non la scopria¬mo come un tutto unitario ma la troviamo in uno stato di divi¬sione e di contraddizione con sé stessa, che ha bisogno di ri¬conciliazione e di guarigione. Ci troviamo inseriti allo, stesso tempo in diversi ordini della realtà, e la nostra parola, che tende alla riconciliazione e alla guarigione della realtà, è sempre di nuovo trascinata nella divisione e nella contraddizione esi¬stenti, e può dunque adempiere il suo scopo di esprimere la realtà cosi come essa è in Dio, soltanto a- condizione di assu¬mere ih sé tanto la contraddizione esistente, quanto l'intima coerenza della realtà. La parola umana per essere vera non può negare né il peccato né la parola dì Dio creatrice e riconcilia-trice, nella quale ogni divisione è superata. Il cinico vuole fen¬dere veritiera la propria parola con l'enunciare di volta in volta le singole cose che crede di aver percepito, ma senza tener conto della realtà nel suo insieme; appunto perciò egli distrug¬ge completamente la realtà; e anche se superficialmente la sua parola sembra giusta, di fatto è falsa. "Tutto quello che esiste è lontano e molto profondo; chi Io troverà?" (Eccl. 7, 24). Come potrò dire la verità? 1. Rendendomi conto dì chi mi spinge a parlare e di che cosa mi da diritto di farlo. 2. Rendendomi conto del luogo in cui mi trovo. 3. Collocando in questo contesto l'oggetto di cui parlo. Queste indicazioni presuppongono tacitamente che il par¬lare sia soggetto a determinate condizioni; esso non accompa¬gna ininterrottamente tutto il corso della vita, ma avviene a suo tempo e luogo e con uno scopo appropriato, e quindi ha i suoi limiti. 1. Chi o che cosa mi da diritto o mi muove a parlare? Chi parla senza averne diritto o senza motivo è un chiacchiero¬ne. Ogni parola sta in un doppio rapporto con un'altra persona e con una cosa; bisogna dunque che questo rapporto sia eviden¬te in ogni parola. Un discorso che non ha relazione con nulla è vuoto: non contiene nessuna verità. C'è in questo una diffe¬renza essenziale tra pensare e parlare. Il pensiero in sé non ha necessariamente un rapporto con qualcuno ma solo con qualche cosa. La pretesa di aver diritto di dire quello che si pensa non sì giustifica affatto. La parola deve avere una giustificazione e una motivazione nel prossimo. Per esempio: posso pensare che un altro sia stupido, brutto, incapace, senza carattere, oppure anche intelligente e coscienzioso. Ma è una cosa ben diversa sapere se ho diritto di parlare e che cosa mi spinge a parlare di queste cose e con chi. Senza dubbio esiste un diritto di pa¬rola connesso con una funzione che mi sia stata affidata. I ge¬nitori possono biasimare o lodare il bambino, mentre il bambi-no non ha lo stesso diritto nei loro riguardi. Tra maestro e scolaro esiste un rapporto analogo, sebbene i diritti del mae¬stro verso Ì bambini siano più limitati di quelli del padre. Perciò la critica o la lode che il maestro rivolge allo scolaro sarà circoscritta a singoli errori e risultati ottenuti, mentre certi giudizi generali sul carattere del bambino toccheranno ai geni¬tori e non al maestro. Il diritto di parlare si trova sempre nel-l’ambito della concreta funzione che io esercito. Quando si oltrepassano quei limiti, la parola diventa indiscreta, presuntuosa e urtante, tanto se loda quanto se biasima. Vi sono persone che si sentono chiamate a rivolgersi a tutti quelli che incontrano e (così si esprimono) a "dir loro la verità". Pubblicato in appendice a DIETRICH BONHOEFFER, Etica. Bompiani, Milano 1969. I edizione Studi Bompiani, 1992. (308-314).

cosa vuol dire rock and roll

“è questo il problema, fare rock non è fare le cose perfette! È resistere al potente, ma non basta dirlo così, ti deve partire dalla rabbia che hai dentro. Se volete il rock dovete rompere le regole!....Il rock non è mica stordirsi di droghe e fare gli idioti, qui la questione è più seria: abbiamo una missione; metter su un grande show è la cosa più importante che ci sia; un solo grande Rockshow e cambieremo il mondo!”

martedì 13 marzo 2012

american beauty (scena finale in ITA)



Potrei essere piuttosto incazzato per quello che mi è successo, ma è difficile restare arrabbiati quando c'è tanta bellezza nel mondo...a volte è come se la vedessi tutta insieme, ed è troppa...il cuore mi si riempe come un palloncino che sta per scoppiare.....e poi mi ricordo di rilassarmi e smetto di cercare di tenermela stretta e dopo scorre attraverso me come pioggia ed io non posso provare altro che gratitudine per ogni singolo momento della mi stupida vita 

mercoledì 7 marzo 2012

Ci sono due modi per guardare il volto di una persona.

 Uno è guardare gli occhi come parte del volto. L'altro è guardare gli occhi e basta, come se fossero il volto. È una di quelle cose che mettono paura quando le fai. Perché gli occhi sono la vita in miniatura. Bianchi intorno, come il nulla in cui galleggia la vita, l'iride colorata, come la varietà imprevedibile che la caratterizza, sino a tuffarsi nel nero della pupilla che tutto inghiotte, come un pozzo oscuro senza colore e senza fondo. Ed è lì che mi sono tuffato guardando Silvia in quel modo, nell'oceano profondo della sua vita, entrandoci dentro e lasciando entrare lei nella mia: gli occhi Ma non ho retto lo sguardo. Invece Silvia sì.